#bimbo maschio
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C'è un modo molto semplice per accontentare il 𝘣𝘪𝘮𝘣𝘰 𝘮𝘢𝘴𝘤𝘩𝘪𝘰, capriccioso, che si vede negata la possibilità di diventare padre, perché la compagna non vuole avere figli: attende, paziente, i tempi in cui sarà possibile che un embrione si sviluppi in un'incubatrice artificiale.
Da un punto di vista sociale, costa meno un'incubatrice artificiale, rispetto al continuare, tramite la religione, a sostenere che le donne abbiano il dovere di fare figli, anche con uomini per nulla attraenti.
𝗨𝗻 𝘂𝗼𝗺𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗲𝗰𝗿𝗶𝗺𝗶𝗻𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗼𝗹𝗲𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶, 𝗻𝗼𝗻 𝗱𝗲𝘃𝗲 𝗮𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗻 𝗻𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻𝗼 perché è un maschio conservatore: un uomo tossico, che ama solo se stesso, e vede le relazioni intime solo come un un modo di realizzare i propri ideali conservatori; il conservatore, uomo o donna che sia, è un troglodita che può fare solo del male ai propri figli - come già accade nelle famiglie conservatrici (famiglie disfunzionali).
Diventare madri, o padri, o preti, o suore, non offre una Laurea in Scienza; per risolvere i problemi mentali delle donne ignoranti e degli uomini ignoranti che pretendono di decidere come gli altri debbano gestire il proprio corpo, esiste una semplice soluzione: ricordare loro che non sono affari loro, in modo gentile; se la gentilezza non basta, esiste la testata in fronte: più efficace, se i bigotti rappresentano un ostacolo per esercitare i propri diritti come donne ! 🥰❤️
Esiste un solo tipo di accordo fra una donna che vuole abortire, ed il compagno che vuole, a tutti i costi (costi che gravano solo sulla donna) diventare padre: lei abortisce, lui, invece, finisce in galera per molestie - insieme a tutti coloro che, direttamente o indirettamente, danno ragione a tale uomo tossico.
Ci si mette insieme, per volersi bene: non per riprodursi come conigli.
Fare figli non è, mai stato!, un dovere; fare figli non è un lavoro.
Se un uomo è interessato a diventare padre, basta che si metta un camice da ingegniere, e progetti un'incubatrice artificiale, nella sua cameretta ✔️
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Chiamatela "donazione della maternità", come Veronesi insegna. Un po' di disfunzione cognitiva aiuta sempre.
Tra qualche anno si andrà nei supermercati a scegliere il bimbo. Biondo, bruno, maschio, femmina, coi geni del vip, dell'artista, frutto di un Q. I. elevato, magari gemelli ecc.
Ho sempre trovato assurdo anche solo forzare ciò che la Natura non ti ha concesso, ma la biologia femminile mi ha sempre mostrato che non esiste limite quando si tratta di soddisfare istinti e bisogni.
Queste aziende cresceranno esponenzialmente, anche a causa dell'infertilità indotta dai vaccini. Il gioco è sempre uguale: creo il problema, ti do la soluzione, tu sei controllato, io faccio soldi.
#maternità surrogata#bisogni#madri#figli#genitori#responsabilità#egoismo#mondo marcio#bambini#utero in affitto#sistema#svegliatevi#società#società malata#zombie#aprite gli occhi#verità#rincoglioniti#biologia#gente brutta
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Additivi
La protesi al seno come regalo per i 18 anni, la mastectomia come «opera d’arte», la neomamma più anziana d’Italia
Piccole donne crescono, e si rifanno il seno. Di recente Emanuele Bartoletti, presidente della Società italiana di Medicina estetica, ha rilasciato delle dichiarazioni pubbliche per richiamare l’attenzione su un dato preoccupante, l’aumento di richieste di ritocchi al seno da parte di giovanissime. E visto che fin dal 2012 il ministero della Salute ha vietato gli interventi di mastoplastica estetica per le minorenni, la moda attuale si assesta sul confine: aumenta il trend di chi riceve un intervento di mastoplastica additiva come regalo di compleanno per i diciotto anni. Due taglie in più per la maggiore età.
Bartoletti osserva che molte neo-diciottenni sono spinte dalle madri più che dai fidanzati. E tanti saluti all’indottrinamento sulla femminilità libera da ceppi estetici stereotipati. C’è tentazione additiva come la mastoplastica. Il di più è un tocco artificiale e correttivo che riveda l’essere al rialzo dell’apparire, più somigliante a un’ipotesi di “io” autocostruito, quindi autodeterminato. In questo senso è, paradossalmente, additivo anche il bisturi che taglia.
Negli Stati Uniti ha sollevato un po’ di turbamento la sfilata del trans Gottmik, ospite della trasmissione Drag Race condotta da RuPaul. Gottmik ha ostentato un’impalcatura d’abito che metteva letteralmente in scena – con tanto di mani e sangue finti – una doppia mastectomia. Ha esibito la fierezza di aver aggiunto al suo corpo il tocco della sua scelta libera, decurtarsi della femminilità per poi essere un maschio che fa la drag queen.
«È un’opera d’arte», ha dichiarato Gottmik. Ma che siano protesi o tagli, purtroppo non hanno niente a che fare con ciò ribolle sotto, l’anelito inteso da Giovanni Paolo II quando disse ai giovani: «Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro».
A proposito di aggiunte, c’è un traguardo da segnalare. A 63 anni Flavia Alvaro è la neomamma più anziana d’Italia. Ha da poco partorito il figlio concepito in vitro grazie ai servizi dell’ormai famosa clinica di Kiev, la Biotex Com. Per quanto suoni paradossale, c’è un’intercapedine di realtà per cui si può dire dell’Ucraina che sia una terra da sogno, anche di questi tempi. Ad esempio, permette la fecondazione assistita senza limiti di età e realizza desideri incredibili.
Non c’è dubbio che un bravo paroliere saprebbe fare l’acrobazia retorica di associare il lieto evento di mamma Flavia alla tragicità della guerra. Qualcosa tipo: dove sovrabbonda la morte, il progresso scientifico sparge a piene mani la speranza della vita. Con i dovuti compensi, sia chiaro. Resta il fatto che un bimbo è nato, la cronaca c’informa che il figlio di Flavia è venuto alla luce con un parto cesareo d’urgenza, in anticipo di sette settimane. Prematuro, o forse impaziente. Come se avesse fretta di conoscere la sua mamma, come se si rendesse conto di arrivare oltre un tempo massimo. È in ballo un rapporto in cui il tempo, evidentemente, è un fattore rilevante e non a scopo di record.
via tempi.it
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Non dovrei volerlo, lo so. Non è giusto. C’è un momento in cui un figlio deve lasciare il nido, deve imparare a volare da solo.
Ma è facile dirlo, non è facile quando sai che lui sta per farlo, sta per uscire di casa, per trasferirsi per studiare in un’altra città, e tu non lo vedrai più. Sì, tornerà, all’inizio per qualche weekend, poi per le vacanze, poi sempre più raramente, e solo qualche telefonata veloce fatta più per dovere (“Mamma, tutto bene?”)
E tu resterai sola. Come mi sento già sola io, divorziata, dopo averlo cresciuto, ora che lo vedo preparare le valigie e sento il mio cuore che si fa piccolo piccolo.
Non è giusto trattenerlo, lo so. Ma lo voglio, lo desidero.
- Davvero, andrai via?
È davanti a me. Gli ho preso le mani tra le mie. Lo vedo che deglutisce. I suoi occhi sono su di me. Sul seno che gli mostro attraverso il voile della vestaglia.
Gioco con il filo delle perle, un po’ nervosa, si, ma tra le gambe comincio ad essere anche eccitata.
Lui è bello, è mio.
- Mamma…, mormora, gli occhi fissi sul seno. Sento i capezzoli diventare duri. Lascio che i lembi della vestaglia si aprano un po’. Non ho più pudore. Voglio che mi guardi.
Avanzo e lui indietreggia, fino a quando ha le spalle al muro.
La vestaglia è aperta, il seno nudo, glielo offro. Accarezzo il suo viso, gli arruffo i capelli, con le unghie lo stuzzico dietro le orecchie, sorridendogli.
Lo sento cedere. Spingo dolcemente la sua testa finché le sue labbra non si chiudono intorno a un mio capezzolo. Lo succhia, come un bimbo. Ma quando lo tocco tra le gambe sento il cazzo duro di un giovane maschio.
Gli sbottonerò i pantaloni, glieli abbasserò e mi metterò in ginocchio davanti a lui. Prenderò in bocca il suo cazzo e lo farò godere, tra le mie labbra, con la mia lingua.
E poi lo guiderò sul letto, spingendo per terrà quelle valigie ormai inutili, e gli farò fare l’amore, ancora, e ancora, e lo scoperò, ancora e ancora e ancora.
Una donna, una mamma, sa come fare a tenersi il suo uomo, suo figlio.
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Pure io,come se fa?
eh se fa che facciamo un bimbo e lo chiamiamo Riccardo se maschio e Aurora se femmina 🥺
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Spiegazione del nudo
Quando le scolaresche visitano i musei, sorgono inevitabili domande a cui insegnanti ed accompagnatori debbon esser preparati a rispondere; il consiglio di base è quello di sottolineare le differenze intrinseche tra il nudo artistico e le altre immagini di nudità: l'arte cerca di rappresentare l'universalità del corpo umano, e va interpretata e giudicata assieme ai valori ed alle emozioni che si è cercato di esprimere in quelle opere.
Nudo giovanile
Nelle opere classiche i bambini sono stati molto raramente rappresentati nudi, tranne per quanto riguarda i neonati o la figura del putto. Prima dell'avvento di Sigmund Freud e della sua teoria sulla sessualità infantile, veniva dato per scontato che i bambini non provassero alcun sentimento erotico prima della pubertà, difatti il bimbo era mostrato spogliato proprio in quanto simbolo di purezza ed innocenza assoluta. Bambini che nuotano nudi vengono mostrati in diversi dipinti di John Singer Sargent, George Bellows e altri. In seguito vi sono state opere di nudi giovanili-adolescenziali sia simbolicamente che esplicitamente più erotiche.
Differenze di genere
«La rappresentazione del mondo, come il mondo stesso, è opera di uomini (maschi); essi descrivono dal loro punto di vista, che si confonde così con la verità assoluta. Simone de Beauvoir, Il secondo sesso»
Nudo maschile: dei e guerrieri
La storia dell'arte più accademica tende ad ignorare la sensualità del nudo maschile, limitandosi invece a considerarne solo la forma e composizione. Per gran parte della storia gli uomini nudi potevano rappresentare esclusivamente o santi martiri o in alternativa guerrieri. Sono state alcune artiste donne, come Alice Neel - ma anche Lucian Freud (nipote di Sigmund) a dipingere il maschio moderno nudo nella classica posa reclinata ma con i genitali prominenti ed esposti allo sguardo (sottolineando così per la prima volta un ruolo attivo anche allo "sguardo femminile"); Sylvia Sleigh poi ha rivisitato i tradizionali ruoli di genere nella rappresentazione del nudo, mettendo in posa modelli maschili come le figure femminili di opere di Velázquez, Tiziano e Jean-Auguste-Dominique Ingres.
Il nudo artistico maschile si è maggiormente espresso nella statuaria, con la scultura greca antica, ed ha raffigurato prevalentemente figure mitiche, divine o religiose: questo fino alla metà del XIX secolo, con l'irrompere della novità assoluta data dal nudo maschile nella fotografia.
Nudo femminile: veneri e odalische
Le dee greche sono state inizialmente scolpite adorne di vesti piuttosto che nude. La prima scultura a grandezza naturale di una donna completamente nuda in piedi è l'Afrodite di Cnido, scolpita nel 360 a.C. circa da Prassitele; ma è stato nel più tardo periodo ellenistico che il nudo femminile è divenuto molto più comune.
Quasi completamente scomparso durante il medioevo il nudo femminile riappare in Italia nel XV secolo; successivamente l'erotismo che lo accompagna è diventato più enfatico in dipinti come la Venere dormiente (1510) di Giorgione e nella serie di cinque quadri dedicata alla figura di Danae di Tiziano (1553-56). Queste opere hanno ispirato numerosi nudi femminili sdraiati dei secoli seguenti. L'eccesso di dipinti di donne nude idealizzate presenti nel 19° annuale Salon parigino ha subito la satira di Honoré Daumier in una litografia del 1864.
Nel corso del XIX secolo il movimento che si richiamava alla corrente dell'orientalismo aggiunse un'altra tipologia figurativa al nudo femminile, oltre a quelle che già erano presenti, come possibile soggetto dei dipinti europei, quella dell'odalisca (la giovane donna schiava all'interno dell'harem): uno dei più famosi è stato La grande odalisca dipinta da Jean-Auguste-Dominique Ingres nel 1814 (vedi orientalismo).
Per Lynda Nead il nudo artistico femminile è una questione di contenimento della sessualità; nel caso invece del punto di vista dell'arte classica storica (rappresentato da Kenneth Clark) si tratta di un'idealizzazione della sensualità palese esteriore, mentre la visione moderna riconosce che il corpo umano è disordinato, illimitato e in definitiva assai problematico. Dalle immagini dell'arte classica che avevano assunto la figura di donna come essere virtuoso, debole e dipendente, si è passati ad una donna forte e libera che non può più in alcun modo essere definita come virtuosa.
Rivisitazioni moderne
Fino al 1960 la storia dell'arte e la critica hanno riflettuto raramente partendo da un punto di vista non strettamente maschile; il movimento artistico femminista ha cominciato a cambiare questo stato di cose. Lo scrittore, poeta e critico d'arte John Berger nel 1972 ha sostenuto che il nudo femminile riflette e rafforza il rapporto di potere esistente tra le donne ritratte nell'arte ed il pubblico prevalentemente maschile. L'anno seguente la teorica del cinema femminista Laura Mulvey ha scritto in critica cinematografica femminista che il concetto stesso di sguardo maschile afferma implicitamente che tutti i nudi femminili sono intrinsecamente afflitti e sottomessi al voyeurismo dell'uomo che guarda.
Critica sociale
Il nudo è stato anche utilizzato per produrre forti dichiarazioni politico-sociali; un esempio di ciò è dato da La barricata di George Bellows, che rappresenta i cittadini belgi utilizzati come scudi umani dai tedeschi durante la prima guerra mondiale. Anche se sulla base dei rapporti sul vero e proprio incidente viene provato che le vittime non erano nude, averle raffigurate in tal modo nella pittura ne sottolinea la loro vulnerabilità e universale umanità.
3/n
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Ieri abbiamo avuto un "incontro ravvicinato" (io e le ragazze diciamo così) che è una delle cose più cringe che abbiamo mai visto.
La persona in questione è il bimbo-bombo, che per il resto del mondo si chiamerebbe Alessio, il ragazzino di 17-18 anni che vive nel nostro palazzo completamente succube dei suoi genitori, con esperienze di vita che corrispondono più o meno ad un coniglio allevato da solo in un balcone.
Lo abbiamo visto in ascensore: siccome noi stiamo in un piano più alto, mentre scendevamo l'ascensore si è fermato al suo piano, ed è entrato lui, stranamente da solo, ci sembrava impossibile, e infatti poi abbiamo visto che giù c'era la madre un'arpia-pro-max che gli aveva detto di scendere per dargli delle buste della spesa da portare su.
Tutto quello che è successo in quei momenti è decisamente cringe, le mie coinquiline ancora ridono adesso e continueranno per un po'.
Lui non era vestito normalmente ma aveva un pigiama stra-vecchio, che sembrava uno di quelli che usavano i nostri zii 50 anni fa, color grigio-marrone, che siccome lui è un po' rotondo, gli stava strettissimo, penso sia la cosa più goffa che io e le mie coinquiline abbiamo visto in questo palazzo da quando siamo qua.
Di sicuro la madre se ne è fregata bellamente e l'ha obbligato a scendere immediatamente, e lui deve averlo fatto sperando di non incontrare nessuno, e invece ha incontrato le due ragazze più carine del palazzo quando era nelle condizioni più oscene possibili.
durante quella discesa in ascensore è successo che:
- come è entrato, e le mie coinquiline lo fissavano a fatica cercando di rimanere serie e trattenersi dal ridere, è diventato rosso come un pomodoro maturo dimenticato in cucina per una settimana
- Veronica e Violetta gli hanno detto a voce alta "Ciao", che non si capiva se lo facevano per metterlo a suo agio o per metterlo ancora più in imbarazzo, in questo doppio-gioco sono maestre
- Lui ha risposto farfugliando, si capiva che non sapeva se dire "ciao" o "buongiorno", perché la madre, anche se lì in ascensore non c'era, lo obbliga a dire "buongiorno" a chiunque
- Mentre scendevamo, Veronica, forse cercando di metterlo a suo agio, si è aggiustata i capelli nello specchio dell'ascensore, ma ha ottenuto l'effetto opposto, perché lui non ha mai avuto esperienze con ragazze, e anche solo avere vicina una studentessa che si sistema i capelli gli sollecitava tutti gli ormoni esistenti nel suo corpo, e faceva un'espressione mista di emozione per ciò che vedeva e vergogna enorme per essere con il più orribile pigiama mai visto in un maschio.
Poi quando siamo scesi, si è aperta la porta dell'ascensore, la madre che lo aspettava ha salutato me, Veronica e Violetta con un "buongiono" impersonale senza neanche guardarci, e gli ha dato le buste della spesa da portare su, senza accorgersi minimamente di avergli creato un trauma che gli rimarrà per tutta la vita obbligandolo scendere subito così come era in casa in quel momento.
Poi con le due ragazze abbiamo raccontato tutto all'altra coinquilina. Per noi quattro credo che questo rimarrà uno dei momenti più epici di sempre.
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28 set 2023 16:12
“I RAGAZZI CHE VIVONO IN FAMIGLIE SENZA PAPÀ SONO INCLINI A FINIRE NEI GUAI A SCUOLA O CON LA LEGGE” - IL CASO DEL LIBRO DI MELISSA KEARNEY E’ UN CEFFONE ALLE NAZI-FEMMINISTE CHE VOGLIONO CANCELLARE IL MASCHIO: “I BAMBINI PROVENIENTI DA FAMIGLIE MONOPARENTALI HANNO PIÙ PROBLEMI COMPORTAMENTALI E TENDONO AD AVERE REDDITI PIÙ BASSI IN ETÀ ADULTA” - NEGLI USA QUASI UN BIMBO SU 2 NASCE DA MADRI NON SPOSATE: ABBIAMO FATTO UN VUOTO E LO ABBIAMO CHIAMATO PROGRESSO... -
Giulio Meotti per “il Foglio” - Estratti
(...)
Ora il libro di economia più atteso dell’anno sostiene che avere genitori sposati fa bene ai figli. Banalità?
“Per anni, gli accademici che studiano la povertà, la mobilità e le strutture familiari hanno evitato questa verità evidente”, scrive l’economista Melissa Kearney in “The Two-Parent Privilege”, pubblicato questa settimana e recensito da tutti i grandi quotidiani che contano. Un tentativo di spiegare l’importanza del matrimonio ai colleghi intellettuali.
Purtroppo, Kearney ha il suo bel da fare. L’autrice è un’economista formatasi al Mit e scrive: “L’assenza di un padre dalla casa di un bambino sembra avere effetti diretti sui risultati dei figli – e non solo a causa della perdita del reddito genitoriale”. Per questo dobbiamo “ripristinare e promuovere la norma di una casa con due genitori per i bambini”. Daniel Patrick Moynihan lo disse nel suo rapporto del 1965 sulla famiglia. George Gilder ci ha scritto “Sexual Suicide” (1973) e “Men and Marriage” (1986). E Charles Murray, che ne aveva parlato nel suo studio fondamentale, “Losing Ground” (1984), ha avanzato argomentazioni simili in “Coming Apart” (2012).
“Le prove sono schiaccianti: i bambini provenienti da famiglie monoparentali hanno più problemi comportamentali, hanno maggiori probabilità di finire nei guai a scuola o con la legge, raggiungono livelli di istruzione più bassi e tendono a guadagnare redditi più bassi in età adulta�� scrive ancora Kearney. “I ragazzi che vivono in famiglie senza papà sono particolarmente inclini a finire nei guai a scuola o con la legge”.
In un’intervista-podcast con il collega economista Stephen Dubner, Kearney dice anche che scrivere il libro è stato correre “un grosso rischio” a livello professionale, perché i suoi colleghi tendono a evitare di affrontare il ruolo della struttura familiare nelle discussioni sulla disuguaglianza sociale e a guardarli dall’alto in basso. Sfida “le conversazioni progressiste sul benessere dei bambini”. Nel 1960, negli Stati Uniti solo il cinque per cento dei bambini nasceva da madri non sposate. Nel 2019 era quasi il 50 per cento.
Abbiamo fatto il vuoto e lo abbiamo chiamato progresso.
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ISLAM 101: Imparare a pregare. Parte 11
La preghiera del venerdì (Salaat-ul-Jumu‛ah)
Allah ha comandato che nel giorno di venerdì in luogo della preghiera del dhuhr, venga condotta una preghiera obbligatoria speciale, tra i più cospicui simboli dell’Islam. Così i Musulmani si riuniscono una volta alla settimana, ascoltano il sermone dell’imam, quindi eseguono la preghiera del venerdì.
Virtù del giorno del venerdì:
Venerdì è il più importante e nobile dei giorni della settimana. Allah ha eletto il venerdì fra gli altri giorni della settimana e ha conferito a questo giorno meriti particolari. Tra essi:
- Allah ha scelto questo giorno esclusivamente per i Musulmani, come ha detto il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Allah ha tenuto quelli che sono venuti prima di noi lontani dal venerdì: gli Ebrei hanno il sabato; i Cristiani hanno la domenica; quindi Allah ha portato la nostra comunità e ci ha guidato al venerdì” (Muslim 856).
- Nel giorno di venerdì fu creato Adamo ed in questo giorno giungerà l’Ora Finale, come ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Il miglior giorno su cui si leva il sole è il venerdì: in questo giorno fu creato Adamo, in questo giorno venne fatto entrare in Paradiso, in questo giorno venne fatto uscire dal Paradiso, e l’Ora Finale non sopraggiungerà che un giorno di venerdì” (Muslim 854).
Per chi è obbligatoria la preghiera del venerdì?
Essa è obbligatoria per:
- Il Musulmano maschio (non è obbligatoria per la donna).
- Il capace di responsabilità (mukallaf); (non è obbligatoria per chi è affetto da instabilità mentale e nemmeno per il bimbo)
- Il residente (non è obbligatoria per il viaggiatore o per chi abita fuori dalla città o dal villaggio dove si esegue la preghiera del venerdì)
- La persona sana (non è obbligatoria per l’ammalato che non può spostarsi)
Caratteristiche e regole della preghiera del venerdì:
- È raccomandato che il Musulmano esegua il ghusl prima della preghiera del venerdì, che si diriga alla moschea recitando il takbir e che indossi i suoi abiti migliori
- I Musulmani si riuniscono nella moschea; l’imam sale sul pulpito (minbar) di fronte ai fedeli e pronuncia due sermoni con una interruzione fra i due, quando l’imam si siede brevemente, nel sermone l’imam esorta i fedeli al timore di Allah (taqwa), offre alcuni insegnamenti religiosi e recita alcuni versetti del Corano.
- È obbligatorio che i fedeli prestino ascolto al sermone, ed è vietato parlare o occuparsi d’altro o anche giocherellare con qualunque oggetto, con le dita, gli abiti, sassolini, ecc.
- Quindi l’imam scende dal minbar per condurre la preghiera, costituita di due raka’at, recitando il Corano ad alta voce.
- La preghiera del venerdì può essere eseguita solo collettivamente e non individualmente. Chi perde la preghiera collettiva del venerdì dovrà pregare la preghiera normale del mezzogiorno (dhuhr).
- Chi giunge in ritardo alla preghiera del venerdì, non riuscendo a pregare con l’imam almeno una rak’ah completa, dovrà completare la preghiera come preghiera del mezzogiorno (dhuhr).
- Quelli per cui non è obbligatoria la preghiera del venerdì (come la donna o il viaggiatore), se eseguono tale preghiera con la congregazione del venerdì, ciò è valido e non sono pertanto tenuti ad eseguire la preghiera del mezzogiorno (dhuhr).
Esenzioni dall’obbligo della preghiera del venerdì:
La partecipazione alla preghiera del venerdì è molto importante per coloro che ne sono obbligati ed è grave mancare a questa preghiera per occupazioni mondane. Ha detto l’Altissimo: “O credenti, quando viene fatto l’annuncio per l’orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di Allah e lasciate ogni traffico. Ciò è meglio per voi, se lo sapeste” (Corano 62, 9).
La mancata partecipazione senza una valida scusa è assai grave, al punto che il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) ha detto: “Allah mette un sigillo sul cuore di colui che tralascia la preghiera del venerdì per tre volte consecutive senza valido motivo” (Abu Dawud 1052, Ahmad 15498). Il sigillo che Allah mette sul cuore di tali persone è un velo di ignoranza e freddezza, come nei cuori degli ipocriti e dei peccatori.
Tra i validi motivi per non prendere parte alla preghiera del venerdì vi è la difficoltà insopportabile o il danno e pericolo per la propria salute derivante da una malattia o le situazioni di emergenza.
Gli obblighi professionali o di lavoro possono rappresentare una valida scusa per non prendere parte alla preghiera del venerdì?
Generalmente i normali obblighi di lavoro non sono una scusa valida per non partecipare alla preghiera del venerdì, in quanto Allah ci ordina di sospendere le attività e dedicarci alla preghiera: “O credenti, quando viene fatto l’annuncio per l’orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di Allah e lasciate ogni traffico” (Corano 62, 9). Dunque il Musulmano dovrebbe scegliere un tipo di lavoro dove può trovare il tempo e l’occasione per rispettare i suoi doveri religiosi, anche se tale impiego gli dovesse garantire un salario inferiore ad altri lavori.
Dice l’Altissimo: “A chi teme Allah, Egli apre una via d’uscita, e gli concede provvidenze da dove non ne attendeva. Allah basta a chi confida in Lui” (Corano 65, 2-3).
Quando il lavoro diventa una valida scusa per non prendere parte alla preghiera del venerdì?
I normali obblighi di lavoro non rappresentano una scusa valida per non partecipare alla preghiera del venerdì, eccetto in due casi:
1) Se il lavoro in questione è fonte di un enorme beneficio che viene meno se la persona lascia il suo impiego per recarsi alla preghiera del venerdì ed anzi ne deriverebbe un danno considerevole; né allo stesso tempo è possibile trovare un sostituto per quel lavoro nel periodo della preghiera.
Ad esempio:
- Il medico che si occupa dei casi di emergenza
- La guardia ed il poliziotto che proteggono i beni della gente e le loro abitazioni da ladri e delinquenti
- Addetti alla supervisione di attività produttive in grandi aziende, dove è necessario un controllo continuo.
2) Se tale impiego è l’unica fonte di guadagno disponibile e il datore di lavoro non dà la possibilità all’impiegato di assentarsi per la preghiera del venerdì, né tale persona ha altri mezzi di sussistenza eccetto quel lavoro. In questo caso eccezionale, egli potrà restare al lavoro senza quindi recarsi alla preghiera del venerdì. Questo fintanto che non troverà un nuovo impiego o una nuova fonte di sussistenza.
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I quaderni
Qualche settimana fa siamo andati al mercatino di Assago, se non lo conoscete è un grande mercatino di cianfrusaglie in cui ci si può trovare di tutto con un po’ di fortuna e pazienza, con di tutto intendo proprio di tutto. Io precisamente sto cercando un bacino di manichino maschio, dorato o comunque da verniciare in oro, mi serve assolutamente come soprammobile, poi comunque quando si va troviamo altre mille cose altrettanto inutili, ma che non avremmo mai desiderato avere se non le avessimo viste, quando però le vediamo ci chiediamo come abbiamo mai potuto fare senza, tipo l’ultimo ritrovamento. Praticamente andare ad Assago è come fare una caccia al tesoro e se sei scaltro abbastanza paghi pressoché nulla e ti riempi la casa in un attimo tant’è che dopo una frequentazione abbastanza assidua negli anni passati adesso abbiamo diradato le visite visto che, nonostante la metratura elevata, stavamo riempiendoci casa di cose fantastiche ed ingombranti. Un po’ di domeniche fa andiamo dopo tanto tempo e giriamo a caso, senza alcuno scopo, avevamo una lista di cose che ci sarebbero servite effettivamente, tipo un porta bottiglie di vino, ma eravamo anche aperti a sorprese e quindi con calma camminavamo tra le bancarelle prendendo in mano cose che ispiravano dubbi e portavano malattie sconosciute, essendo che c’è gente che raccatta anche reliquie dalle scatole allagate della cantina e le espone senza nemmeno soffiarci sopra, ci sono contenitori dell’anteguerra pieni di cose che nessuno ha mai osato toccare che potrebbero ancora avere tracce di colera, confesso di esserci andata anche durante il covid dico intanto che cacciano fuori un vaccino io provo altri anticorpi non si sa mai.. Arriviamo ad una delle solite bancarelle di libri usati, mangiati, ricoperti di muschio e ci fermiamo anche se avevo fatto voto di non comprare più libri che ne ho troppi da leggere, ma vengo attratta da qualcosa che non erano libri, bensì: quaderni. Quaderni usati, molto datati, di un’altra epoca addirittura antecedente alla mia, quindi parliamo di antichità, reperti archeologici quasi. Ne apro uno era della terza elementare, all’interno c’erano dei dettati con le correzioni rosse su una grafia impeccabile, dettati che parlavano di famiglia, dell’importanza del pane, del grano e ad un certo punto dell’importanza del duce. Wait. Mi ricordo che alle elementari mettevamo la data sull’intestazione e mi metto a cercarla tra le pagine, ne trovo una: Milano, 13 Novembre 1938. Wait. Luca! Il quaderno è del periodo del fascismo! Cercane altri, quanto vengono? Un euro l’uno. Ok. Rovistiamo la pila, ci sono più di una decina di quaderni dello stesso bambino a partire dalla prima elementare (1936) fino alla prima media, di diverse materie, apriamo, leggiamo, dettato sulla marcia su Roma ogni anno uno nei giorni in cui cade l’anniversario. Temi sul freddo e la mancanza di carbone e legna. Temi su amici di famiglia e vicini che chiedono supporto economico perché poveri, niente accenni alla guerra, facciamo una cernita, prendiamo solo quelli di italiano e lasciamo lì aritmetica e geografia e prendiamo un quaderno solo perché la copertina ha una stampa di propaganda fascista. Mentre venivo via leggo con calma il nome del bambino i cui quaderni erano tenuti così bene, nome che avevo intravisto, ma essendo insolito non avevo avuto modo di imprimere bene, lo leggo con calma e, ok, è ebreo, sicuro è ebreo. Luca, i quaderni sono un bimbo ebreo, ne sono certa. Adesso, devo confessare che la sensazione che ho provato umanamente è stata quella di sentirmi in colpa, subito, mi sono sentita come se violassi la privacy di qualcuno che chiaramente non c’è più solo per il piacere di sapere di più, di immergermi in qualcosa di così lontano, ma tanto insito in noi, un elemento della nostra cultura che però non appartiene al quotidiano, un qualcosa che mi ha formato, ma che non ho vissuto, visto, toccato grazia al cielo con mano, mi sentivo come se lo stessi facendo sulla sua pelle e mi sono sentita in colpa. Ne avevo presi sette e una volta a casa li leggo tutti. Nei quaderni nessun accenno alla guerra, nessuno, erano quaderni di un bimbo, negli anni precedenti a quella che fu la vera guerra in Italia, quando abbiamo combattuto nelle città e nei paesi e anni in cui chiaramente non c’erano più quaderni da scrivere, ovvero dalla sua seconda media in poi. Il bimbo ha frequentato la prima media nel 1941, ma ho scoperto col tempo e tramite ricerche, che già poco dopo dovette nascondersi per evitare la deportazione. In una delle cronache che scrive lui stesso, le cronache erano i temi/diario che componevano come compito alle medie e in cui raccontavano la loro quotidianità, in una di queste cronache racconta di un suo amico che dovette salutare, chissà se per sempre perchè sarebbe stato deportato come il padre che già era via da qualche anno, “chissà quanto starà via, magari anche per sempre” scrive. La scrittura da impeccabile che era all’inizio delle elementari diventa trascurata e sempre più piccola, gli errori aumentano, quasi certamente alle medie le insegnanti erano più severe e le tematiche col tempo si fanno più inquiete, l’animo cresce e il bimbo si fa più domande, più problemi, vede di più. Nei dettati i richiami al fascismo erano più frequenti, mentre nei temi non ne parlava mai, parla della madre e della sorella, ma non del padre e comunque apparteneva ad una famiglia certamente benestante e frequentava una scuola in cui festeggiavano le ricorrenze ebree o anche quelle ricorrenze. Ho cercato il nome del bimbo su internet e l’ho trovato, era un esponente importante della comunità ebraica di Milano, finchè non è morto, non credo avesse figli, poi infine quando è morta anche la moglie qualche anno fa evidentemente hanno disposto di sgomberare casa e i quaderni erano al mercato di Assago su una bancarella e adesso a casa mia. So, that is how life goes I suppose.
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Io maschio etero cis, chiamo il mio ragazzo: bimbo.
#ci ho preso davvero gusto#ops#sempre rabbrividito a sentir chiamare le ragazze così e adesso invece eccomi qui#eeeeeeek
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Questa mattina, come sempre, ho accompagnato Ludovico all’asilo. È un giorno speciale, il giorno della recita. All’entrata, subito dietro di noi, una mamma accompagna suo figlio, avrà 4 anni e un’espressione scura, contrariata. Forse ha paura di andare “in scena”, forse non se la sente, chissà. Allora la mamma si china verso di lui, lo guarda negli occhi e gli dice con tono fermo: “Fai l’uomo forte”. “Devi essere un uomo forte”. E lui, il bimbo, annuisce, impercettibilmente si ricompone, come fosse stato colpito su un nervo scoperto, come fosse una parola chiave che non ammette indugi o cedimenti. E potrà anche apparire una cosa minima, ma non ho potuto fare a meno di pensare a quanti strati di pregiudizi, aspettative, tabù, schemi, auto-rappresentazioni si trascini dietro quella semplice frase, quanti detti e non detti scoperchi quella espressione apparentemente innocua ripetuta per decine, centinaia, migliaia di volte a un bambino di quattro anni. Che, domani, uomo lo sarà davvero. Che crescerà nella convinzione che essere uomo non ammetta debolezze; e che tutto ciò che non è “uomo” o sufficientemente maschile sia, per estensione, debole, fragile, inerme, inadeguato: donne, omosessuali o anche semplicemente etero non corrispondenti al canone di mascolinità tossica che qualcuno aveva fabbricato per loro. Mentre salutavo Ludovico, mi è venuto d’istinto pensare che anche sessisti, omofobi, misogini, i carnefici di oggi, a loro volta, molto tempo fa, sono stati vittime, in un circolo vizioso senza fine. Nei suoi occhi, ho rivisto la responsabilità enorme, smisurata che oggi ha una mamma - e ancor più un papà - di un bambino di 3, 4 anni. Perché ogni volta che diciamo loro qualcosa, ogni volta che entriamo in punta di piedi nell’educazione emotiva di un maschio, stiamo costruendo un piccolo mattoncino della società di domani. Lorenzo Tosa
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Credo
C'è una vecchia che vive in campagna, passo sempre davanti casa sua quando passeggio...oggi ha visto arrivare mamma e me da lontano, l'ho notata subito perché aveva una maglia verde acqua e un cappellino dello stesso colore; ci aveva viste anche lei così si è spostata dalla panchina alla recinzione sul retro e ha aspettato passassimo. Eccola, ho detto io, e le ho sorriso: il cappellino ha delle minuscole margherite disegnate, i suoi occhi sono vivi, profondi, furbi come quelli di un bimbo o di una bestia. Mia madre le chiede dove sono i pulcini e come fa a riconoscere se il pulcino è maschio o femmina quando è piccino. Dopo 15 giorni si capisce, dice, perché gli spunta la crestina (e mima con la mano la forma di una cresta sulla testa), quante ne avrà osservate nella sua vita. Ah ecco, dice mamma, ero curiosa, anche se sono vecchia, qualcosa si impara sempre. Fino a che non si muore si impara, dice lei, e la campagna insegna tanto...io ho sempre vissuto in campagna, ora mi dispiace morire perché devo lasciare questo posto. Io mi siedo e vedo gli uccelli, gli insetti e imparo, si vede di tutto, di tutto...ma guardare qui, fuori, non alla televisione. Intanto passano i pulcini cresciutelli che razzolano nel prato. Devo stare attenta che non vadano sotto alle macchine e che non me li mangi la poiana. L'altro giorno ho visto una gazza ghiandaia prendersi un passero, non mi era mai successo, lui si era appena appoggiato, lei è arrivata e zum, se l'è preso! Io credevo mangiasse solo insetti! Abbiamo battuto le mani, cercato di farla scappare ma nulla. Mia madre le fa vedere una foto sul cellulare, io mi scosto, ho l'impressione sia un gesto fuori luogo, lei la guarda poi ci congediamo, buona serata, buona passeggiata, ciao, ciao bèla, mi dice. Credo nei miei occhi abbia visto quella gioia, quell'amore che brilla nei suoi.
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IL GRUPPO DI IDOL DI MAHIRU😭❤
Le Nijiko🌈❤
1. Mahiru Koizomi, di cui il vero nome è Chatte Anveres, ma il suo vero nome non piace neanche a lei, quindi chiamatela Mahi😿
Ha quasi 19 anni, è la più famosa del gruppo e quella più seguita, e rappresenta la neko-girl😍😍
Essendo la più famosa è quella con più pressioni addosso, quindi per colpa della sua agenzia ha sviluppato una grave depressione e dipendenza da antidepressivi, ansiolitici ed ecstasy, che fu costretta ad assumere con la forza per mantenere una personalità iperattiva
Da quando ha conosciuto Etienne ha deciso di andare da uno psichiatra per combattere la depressione e la dipendenza e cambiare agenzia, così che avrebbe evitato di utilizzare droghe
Per colpa della sua vecchia agenzia ha preso un tic labiale, infatti il "nyah" che dice alla fine di ogni frase è stata una costrizione dell'agenzia, tanto che il suo cervello è abituato e ora la ripete ossessivamente--
È allegra e iperattiva (anche senza droghe lol) e ha deciso di aprire un locale per stare più a contatto con i suoi fan, che adora più di ogni altra cosa🥰🥰
La sua passione è riempire di bacini Etienne, e ama passare il tempo con lui, a volte lasciando anche il lavoro apposta 😳
I suoi colori preferiti sono il viola e il rosa🥳
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.90 x 87kg
Specie: gatto della sabbia
Genere e pronomi: femmina, femminili
Orientamento: straight😘
Anni: 19
Compleanno: 1/06
Professione: musicista, cameriera
2. Maki Fujisaki, di cui il vero nome è Yikes Ove, è così abituata al suo nome d'arte che si è scordato del suo-
Ha 26 anni ed è più grande del gruppo, seconda per importanza e una delle due ad aver intrapreso una carriera da solista, e rappresenta la "onee-chan"🥰🥰
È la fondatrice del gruppo, ma dato che Mahiru è continuamente al centro dell'attenzione, a lei non viene attribuita alcuna importanza, per via di questo fatto ha una gelosia assurda verso Mahiru- tanto che una volta in una crisi di nervi cercò anche di ucciderla---
Per via di questo è stata allontanata per mesi, chiusa in un ospedale psichiatrico ed è tornata solo ora, anche se sta sotto continui controlli
Per imitare Mahiru ha aperto un locale a sua volta, e Mahiru visto che è così buona non capisce che lo ha fatto per "dispetto" e l'ha anche aiutata😭😭
Anche se, se dobbiamo essere sinceri, lei vuole sinceramente bene a Mahi e a tutti i membri del gruppo, ma per gia di continui traumi subiti tende ad essere gelosa per qualunque cosa
Anche lei è allegra e iperattiva, non ai livelli di Mahi ma quasi, ed è anche quella che si preoccupa di rispondere alle mail di tutti i fan perché li ama troppo🥰🥰
È innamorata di Italia ed è convinta che Omisha glielo voglia rubare quindi la schifa a morte- è l'unica del gruppo che non sopporta😳
I suoi colori preferiti sono il rosso e il blu🥲🥲
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.72 x 65kg
Specie: PoRCO
Genere e pronomi: femmina, femminili
Orientamento: bisex
Anni: 26
Compleanno: 2/01
Professione: musicista, cameriera
3. Tasha Grayson, è l'unica che ha mantenuto il suo vero nome, dato che il suo nome e la sua nazionalità c'entrano perfettamente con il personaggio che deve interpretare
Lei è la "american-girl", ha 18 anni ed è la terza per popolarità 😘
Lei è sfondata di soldi, arriva da una ricchissima famiglia di politici americani (è figlia del corrispondente di Trump) e per questo fin da subito era praticamente ingestibile dato che era una viziata del cazzo-- e tra l'altro è letteralmente la più privilegiata del gruppo da tutte le agenzie in cui hanno fatto contratto, dato che possedeva trattamenti speciali e veniva pagata molto di più
Nonostante il suo carattere "altezzoso", ha cercato in tutti i modi di stare simpatica a tutte, ma ha ottenuto solo la simpatia di Mahi, Maki e Tsubami
Anche lei è iperattiva al massimo, e ciò è influito anche dal fatto che si spacca di caffè ed energia drink- però a volte le capita di comportarsi da "padroncina", dando ordini inconsapevolmente, e nonostante ciò la sua cerchia di fan le chiede esplicitamente di essere comandati, perché bho, gente strana segue le idol😳
Cambia amici e fidanzato ogni settimana, quindi non si hanno informazioni--
Il suo colore preferito è il giallo🥳
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.61 x 50kg
Specie: cincillà
Genere e pronomi: bigender, femminili
Orientamento: etero
Anni: 18
Compleanno: 3/03
Professione: musicista
4. Katami Masamiju, l'unica effettivamente giapponese del gruppo, anche se il suo vero nome è Kurumi Oshina, ed è l'unica che vuole essere chiamata PER FORZA col suo cognome originale
Ha 20 anni, è la quarta per importanza e rappresenta la "sukeban", ovvero la bad girl😘
In realtà, nonostante il suo aspetto e il fatto faccia entri ed esca dalla prigione ogni 3x2, Oshina è una ragazza silenziosa e tranquilla, che però se provocata impazzisce totalmente e niente la può fermare più dopo-
Per questo anche i suoi fan si sono presi le mazzate praticamente, dato che non sopporta gli sconosciuti troppo affettuosi--
Oshina non voleva entrare nel gruppo in realtà, dato che voleva essere una cantante solista di musica hyperpop, ma aveva bisogno di una spinta dato che nessuno se la cagava-
Quindi grazie all'amicizia con i rappresentanti della vecchia agenzia è riuscita ad entrare nel gruppo, poi si è affezionata ed è diventata solista senza lasciare il gruppo😄
E si esibisce con lo pseudo di "OhiTT"
Vorrebbe tanto innamorarsi, dato che vorrebbe dedicare la sua vita a qualcuno, ma non riesce a trovare nessuno quindi è depressa 24/7, ed esterna questi suoi sentimenti solo nelle sue canzoni da solista, che però nessuno la prende sul serio😭😭
È una star di tik top e fa i video edgy strani-
I suoi colori preferiti sono il nero e il bianco🥰
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.84 x 70kg
Specie: PISTRELo
Genere e pronomi: agemder, emtrambi ma preferibilmente femminili
Orientamento: gay🍭🍭
Anni: 20
Compleanno: 4/11
Professione: musicista, tiktoker
5. Mizui Sonosaki, di cui il vero nome è Hiawatha Miiwa, non le da fastidio essere chiamata con nessuno dei due nomi 😘
Ha 14 anni ed è la più piccolina del gruppo, anche per questo letteralmente TUTTI la proteggono e sono tutte delle sorellone per lei🥰🥰
Quinta per importanza, rappresenta la "imouto-chan", ovvero la sorellina minore 🥰
Nonostante la sua giovane età, già soffre di depressione e schizofrenia, perché è stata costretta fin dalla tenera età a stare sotto i riflettori, e non ha retto la pressione, quindi ora è letteralmente un morto che cammina che prova due emozioni in croce-
Tenta spesso di uccidersi, anche d'avanti alle persone, per questo la maggior parte del tempo le viene affiancato u membro del gruppo che deve sorvegliarla
Le piace tantissimo essere coccolata, anche da uno sconosciuto a caso per strada- questa è l'unica parte che ama del suo lavoro, ovvero i fan che la coccolano, per il resto vorrebbe abbandonare tutto e morire--
È entrata nel gruppo perché i genitori l'hanno costretta, e lei deve fingere davanti a tutti che le piace essere un idol😥
È timidina, non ha amici e vuole solo coccole in her life 😞❤
Non ha colori preferiti, vuole solo morire🥳
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.42 x 35kg
Specie: ibrido lemure cervo
Genere e pronomi: niente, vuole solo morire, femminili
Orientamento: niente, vuole solo morire
Anni: 14
Compleanno: 5/12
Professione: musicista, studentessa, suicida
6. Tsubami Moshimo, di cui il vero nome è Morana Liber, odia a morte entrambi i suoi nomi, e vuole essere chiamata "Omisha" da chiunque, infatti i suoi fan più affezionati la chiamano così😘
Sesta per importanza, rappresenta la "moe"😘
Nonostante lo stereotipo che le è toccato, la sua vera personalità è l'esatto opposto.
Omisha è un infame, troia, bastarda, manipolatrice con la doppia faccia, che ama causare scompiglio all'interno del gruppo.
Tutti i componenti sanno della sua personalità, ma nonostante ciò cascano sempre nelle sue manipolazioni, fatte apposta per creare litigi o incomprensioni, unica sua fonte di divertimento
L'unica persona a cui tiene al mondo è Itaki, a cui sta costantemente attaccata e lo segue giorno e notte, infatti non c'è Itaki senza Omisha
È anche troppo protettiva nei suoi riguardi, e spesso scatena risse e usa violenza per tenerlo lontano dai pericoli
Si contentra più su di lui che sulla sua cartiera praticamente🥰
È entrata nel gruppo perché, essendo stata cacciata di casa e trovata da Mahiru, ha deciso di entrare per stare in un posto fisso, con il tempo però ha sviluppato una personalità contorta senza alcuna ragione apparentemente, e attualmente è così-
ODIA A MORTE IL CONTATTO CON I SUOI FAN
Le piace coccolare Itaki 🥰🥰
Il suo colore preferito è il rosso🥳
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.50 x 41kg
Specie: ibrido coniglio procione (cornuta)
Genere e pronomi: femmina, femminili
Orientamento: bisex🤣🤣
Anni: 17
Compleanno: 6/05
Professione: musicista, studentessa
7. Itaki Kurisu, di cui il vero nome è Kermit Hamilton, gli piace essere chiamato in entrambi i modi, anche se considera Itaki più un alter ego
È l'ultimo arrivato e ultimo per importanza, e per ultimo per importanza intendo che non se lo caga manco sua madre-- e rappresenta la maid 😍
Per via del suo aspetto femminile, è spesso scambiato per una femmina, quando in realtà si sente lui stesso un maschio, ma per via del fatto che è sempre stato educato come er maschione alpha, la repressione lo ha portato a vestirsi e comportarsi come un ragazza
È entrato nel gruppo dato che Maki si era fissato con lui, e ha spinto per farlo entrare (anche perché ha una voce della madonna), e dal primo momento in cui ha visto Omisha si è innamorato follemente di lei, anche se non glielo ha mai dimostrato.
È un bimbo timido, sarcastico e spesso in disaccordo con qualunque decisione del gruppo, quindi si dissocia sempre e fa qualunque cosa di testa sua--
Diciamo che odia anche lui la comunicazione con i fan, più che altro perché è insicuro, quindi è anche per questo che nessuno se lo caga😭😭
È l'unico che inizialmente si era opposto in tutto e per tutto alle regole dell'agenzia, ed è stato lui a scegliere la nuova dopo averla cambiata.
Passa tutto il suo tempo con Omisha, e anche se si finge infastidito da lei in realtà fa di tutto per starle vicino 👉🏻👈🏻
I suoi colori preferiti sono il frocio 🥳
Cose a caso:
Altezza e peso: 1.78 x 83kg
Specie: delfino
Genere e pronomi: maschio, qualunque
Orientamento: straight🌈🌈
Anni: 19
Compleanno: 7/09
Professione: musicista
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Che mi dice del post partum perché avviene?. Cosa spinge a una madre a uccidere il proprio figlio perché non riesci a dormire?dicono che non bisogna giudicare, ma io lo trovo contro natura...
Credo tu intendessi la depressione post partum e comunque, prima di spiegarti come e perché avviene il fenomeno, ci tengo a dirti che all’essere umano non conviene mai usare il termine ‘contro natura’ perché dalla natura possiamo sì trarre delle ottime spiegazioni sulle nostre origini ma anche degli ottimi insegnamenti su cosa è meglio non fare più, tipo – chessò – gli stupri di gruppo dei delfini maschi sulla femmina meno disponibile o la leonessa che si fa ingroppare consenziente dopo che il nuovo maschio le ha appena sbranato sotto gli occhi i cuccioli nati dal matrimonio precedente.
Intanto tecnicamente hai ragione: secondo natura, la femmina della specie umana deve stare 24 ore su 24 col proprio neonato attaccato al seno mentre gli altri diciassette figli scorrazzano in giro autoselezionandosi con vari pericoli mortali, tutti in attesa del capofamiglia che porti la carcassa di qualche animale da cucinare MA VISTO CHE saremmo anche più avanti di questa linea etologica – evoluzionisticamente parlando – la femmina umana si autodetermina come individuo anche attraverso altre cose che non comprendano il solo procreare e accudire prole.
Questo significa che nella società del cazzo in cui viviamo la donna che diventa madre deve fare i conti non solo con le badilate di merda ormonale che mancano improvvisamente dopo l’espulsione del bimbo e quelle che arrivano a valanga con l’allattamento ma anche con uno stress familiare e sociale che la colpisce nel momento di maggiore fragilità fisica ed emotiva.
Se la donna sta abbastanza bene a livello psichico, si limiterà a fare quello che fanno tutte le mamme, cioè essere lacerate tra l’amore infinito per il proprio figlio e il desiderio di lanciare dalla finestra quel vampiro urlante che le ruba vita e sonno, ma se la madre ha già un disagio psichico pregresso, un mancato supporto del compagno e la pressione sociale di dover essere una mamma da manuale, allora non è impensabile che possano avvenire tragedie come quelle di cui ogni tanto si legge.
E invece sì, bisogna proprio giudicare ma non lei…
Sono da giudicare tutte le suocere impiccione, le amiche ‘un po’ per uno’, i mariti insensibili, i nonni pretenziosi, i vicini inquirenti prima e indignati poi ma soprattutto le donne che non ricordano e gli uomini che non hanno mai avuto interesse a capire.
Troppo facili il neutro (fin lì) titolone di giornale e i talk show in cui invitano al confronto la Venere di Willendorf ed Erode, quando l’unica vittima è la madre, da cui tutti hanno solo preteso come in un vecchio testamento qualsiasi.
P.S
CHE QUELLA RAGAZZA BEN SPECIFICA CHE SO IO E CHE CREDE DI VEDERSI DESCRITTA NON OSI PENSARE CHE LA COSA RIGUARDI LEI, SENNÒ M’INCAZZO COL TURBO… CAPITO RAGAZZA BEN SPECIFICA CHE SO IO?
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C’è luce ponente su Aracoeli, l’ultimo romanzo della vita (e della morte, della quale ispirazione e testo sono intrisi) di Elsa Morante. Ponente, occidente, calante, nello specchio di sofferenza reale della scrittrice, e però mai fioca. Critica, certo, avveduta e più o meno distante per palato dalle atmosfere bianco e nere della immensa narratrice nelle quali l’esplosione è calor bianco e la notte pura tenebra, ne ha scritto annusandovi degrado sociale e umano, decostruzione fosca, disperazione. Romanzo fra i più sofferti e oscuri di Elsa Morante, edito da Einaudi, Aracoeli (392 pagine, ) possiede nei geni e nella fioritura, questi e quella. Però depista, in irti infiniti singulti stilistici come in piene vampate di luce lontana – tanto più remota e impalpabile, quanto più violenta e vera – nella ricerca labirintica di causa ed effetto, brace generatrice o cenere residua. Presupposto emotivo o risultato sciolto magari nel pianto, come quello che prelude al finale, del protagonista. Il degrado è ciò che si vede, ciò che è reale. Non tutto.
Un figlio, una madre
Questi, il protagonista monologante, è un uomo che ha scavalcato i quaranta, bambino insoluto; è un omosessuale in forma idolatra febbricitante incurante di sé, anzi assetato del sistematico maltrattamento e abbandono, però non incarna una novella di genere o di pienezza identitaria; è borghese (per le strade dell’Italia della contestazione e degli anni di piombo, dopo essere stato bambino negli anni del fascismo e della guerra) come spesso indulge ad autoflagellarsi, nauseato e alla propria nausea irresolubilmente incollato; è un figlio. E infine maledice la madre, unica, perduta però perenne fonte di amore. Insurrogabile e compulsivamente surrogata.
C’è molto, troppo, in questa opera che viaggia da labirinti incurvati dentro, da un periodare a tratti oscuro e sofferto, oppure spicca voli di autenticità affettiva che il fiato lo mozzano fino alla commozione, tirato e risparmiato per il prossimo, imminente, allungo di quel monologo interiore che s’inganna senza mai credere pienamente al tranello. Ai mille tranelli ai quali Kafka dava i sembianti di bivi inforcati i quali solo un punto d’arrivo è certo: il non ritorno. Che Elsa Morante amasse e conoscesse gli stretti passaggi alla luce tagliente – e possibilmente mai visibile – del genio boemo, era noto. Dagli esercizi di stile nel racconto L’uomo dagli occhiali, fino a certe estenuanti cacce d’Arianna appresso al filo spezzato della ragione e della topografia in Menzogna e sortilegio. Qui, a rendere tributo naturale, antimitica e sgorgante, è la visione del castelluccio andaluso ai piedi del quale Manuele-Manuelito, sulle piste dell’infanzia della madre due volte abbandonatrice – la prima, con la fuga dalla casa di famiglia, la seconda con la morte addenda del disfacimento del sepolcro bombardato del Verano – frena il passo già strascicato, per concludere presto che quella pietra non ha più valore ed è come un pozzo secco senza soffitto. Passa oltre, senza tuttavia riuscire a districarsi per davvero dalla lanugine di memoria falsa e trucemente emotiva che lo guida e tradisce e infine determina: nessuna storia, neppure la più vera, è reale, ma immaginaria.
L’originale narrativa del doppio
È qui che si innesta l’originale narrativa del doppio apparentata con i più grandi del secolo passato e di quello ancora prima, che rende Manuele-Manuelito sosia dostoevskijano e anacronistico di un altro Manuel, il fratello della madre andalusa morto giovanissimo nella guerra civile spagnola, combattendo Franco “dalla parte sbagliata” rispetto alle credenze e alle icone valoriali di famiglia. Rispetto al Sosia del russo, qui l’incarnazione non si concreta nella parodia cattiva e moralmente sghemba del proprio uguale, ma nello specchio bello dell’idealizzazione infantile, immutabile. Resta cenere, cartoline postume e, soprattutto, i piedi incatenati alla “parte sbagliata”: fuori della politica e della storia, nell’esistenza. Manuele, pure agli occhi dei suoi idolatrati-odiati maschi rivoluzionari che in quegli anni in Italia profetizzano la fine del capitalismo borghese, che di lui usano e fanno trascurabile pattume (salvo poi incravattarsi e smaltire gli eccessi antagonisti in formazioni moderate e dimostrare che poi cotanti maschi integerrimi non sarebbero mai potuti essere) è dalla “parte sbagliata”: è un borghese, uno stigma più che un male. Così arriva la confessione trasognata di possedere un’intelligenza e non essere in grado di usarla, la castrazione quotidiana dietro la siccità dall’altra parte di una diga che, a monte, trabocca di bisogno e capacità di affetto annegata. La tematica psicanalitica è talmente rimbombante da impallidire nel proprio verbo davanti alla sua stessa, agnostica, drammatica stesura esistenziale, che la precede e le sopravvive. E finisce essa stessa in platea, da stipite a chiave confusa dentro un mazzo d’altre cento.
Il doppio fallito, doppio anche nel sembiante, come esplicazione sana ma naufragata del passaggio dall’infanzia gelosa alla maturità consapevole: incarnazione impossibile. Encarnación si chiama la sorellina morta prematuramente, che costa all’andalusa Aracoeli, la Madre, una spossata depressione fatale. Poi sarà un cancro alla testa – ma qui Manuele non assentirà mai, asseverando sapendo di mentire la versione odiosa che gli salva la sopravvivenza ma non la vita, della bestialità materna – ne minerà e stravolgerà la condotta e le vibrazioni fino a farla diventare preda ninfomane del primo venuto prima, prostituta poi.
Non finisce nel turbine folle del monologo interiore schnitzleriano, Manuel: non usa l’intelligenza oppure, quando ciò accade, lo fa volontariamente in modo stolto. Autoinfliggendosi sonno e dolore plastico, attraverso alcol, narcotici che sostituiscono, con l’età, le piccole mutilazioni corporali: è quel che resta del doppio, la cui caratteristica fondamentale è travolgere anche l’uno quando esso, di per sé, arriva alla disintegrazione. Ed ecco, allora, aggirarsi per le strade di notte in caccia compulsiva di fugaci schiavitù sessuali o nella Sierra andalusa polverosa, l’uno frantumato, orfano della propria integrità paradisiaca, doppia. Lo zio è la stessa madre, ne ha il viso irripetibile e uguale, maschio tecnico di una femmina di acciaio lucente, come la vite dentro il dado.
Senza meta e senza metà
Si aggira senza meta e senza metà, questo Pasolini parziale privato senza qualità, che in questo caso è invece tutto se stesso: incapace di essere di più, di vedersi meglio, di fare poesia e trasudare sofferenza per provare a cambiare, se non se stesso, la realtà circostante. Ma come fare, se è immaginario tutto, pure il vero? Se nulla ha davvero valore, neppure la stessa vita? Ecco allora che l’uomo, il ragazzo di vita diventa straniero camusiano, disinteressato alla propria sorte non scorgendone neanche il più remoto orizzonte; però, a differenza di quello, sente dolore, quella fitta che scava invisibilmente la faringe, quel giorno a San Lorenzo, a trovare, per l’ultima volta il padre a propria volta azzerato, per bucare il palloncino molle del pianto dirotto. Degrado sociale, effetto e successione temporale della stessa idra, la realtà-illusione. Senza qualità… Manuelito attraverso Morante sovverte Musil e il suo “centro inesistente” della sua prammatica e filosofia narrativa. Dimostra che essere inesistenti bacia senza vergogna l’essere reali. La carne neonata vagheggiata ridiventa senza passaggi gloriosi legno di burattino pensante. Uno sberleffo alla dialettica conosciuta, al doppio rassicurato dalla rivelazione sacra o dalla realizzazione positiva: blocchi di partenza ritardata, piantati lì da sempre. Il centro fiacco è un turbine arrugginito, è l’uomo stesso che sembra sillabare Gino Paoli, e dire che lui è ancora lì, nelle sue mutande: non roccia resistente ma morena stanca. Ironia del tempo contro il tempo.
Sdoppiato smezzato straziato
La società italiana durante e subito dopo le acri lotte politiche degli anni Settanta: c’è l’Odore di Parise e la sua signora vittima del vuoto questuante e della violenza che genera, nelle nubi grevi di temporale; c’è Morante e il suo uomo sdoppiato smezzato straziato, sulla punta del parafulmine di quella scarica estrema che dà fuoco al sangue con benzine avvelenate di colpa e di elemosina, e di violenza brutale che schernisce, quasi invocata, nell’entropia mortale fra testo e contenuto delle vite, delle relazioni, delle chimiche fra vittime e carnefici. Di tale sacrificalità, Manuele-Manuelito è agglutinato e catalizzatore: a Girard non sarebbe sfuggito neppure uno di quelli che egli chiamò “segni vittimari” che recano all’accerchiamento, reale in antropologia ma qui immaginato e dunque non meno reale, e al sacrificio. Figlio della colpa sanata poi legittimo figlio di uno stimato e poi rovinato comandante della regia Marina; miope, inadatto a giudicare il proprio specchio frantumato dal proprio meaculpa interiore e dal bisogno di amore e, all’infinito, di madre. O forse di padre, come rivelano le righe finali. Si cerca il superfluo quando manca il necessario. Soprattutto, lui è “borghese”. Fuori posto.
C’è Collodi nello straziante giuoco che si fanno di lui i due vagabondi che bendano il piccolo Manuele convinto di essere davanti a un tribunale partigiano. E lo condannano, salvo poi lasciarlo senza colpa e senza espiazione. Senza niente. Lì la nube di violenza brutale si addensa senza prorompere, il patetico trasmuta in lirico, il limbo in tela di ragno perenne dei pensieri e degli aneliti. Ma Gatto e Volpe hanno scopo, i due renitenti vagabondi no. Sono due facce del vuoto, del ponte saltato che separa, ormai d’aria vuota, il bisogno dalla possibilità di ottenere, il diritto naturale all’affetto dalla stessa vita. Alla prosa di Elsa Morante il lettore è abilitato a spaccare, da automa fascinato, il capello senza sforzo, è anzi quel capello che da sé si apre in mille significati e riempie l’intelletto e l’animo di un’immensità letteraria che è ogni volta bocciolo. Disperazione senza fine. Da leggersi, con l’ironia dell’intelligenza morantiana: la disperazione è dipinta, la fine mai. Fosca, abbacinante: c’è Morante.
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